Trapianto di capelli: quando non è indicato e perché saperlo ti tutela

Scritto il 03/07/2025
da Andrea Lazzarin - Next Hair


Il trapianto di capelli con tecnica FUE o DHI è oggi una delle soluzioni chirurgiche più efficaci contro l’alopecia androgenetica. Tuttavia, non sempre è la strada giusta.

Esistono infatti situazioni cliniche, dermatologiche o psicologiche in cui l’intervento può rivelarsi inefficace, prematuro o addirittura dannoso.
Riconoscere questi casi non è un limite: è ciò che distingue una chirurgia estetica responsabile da un approccio commerciale.

👉 La diagnosi e la selezione accurata del paziente sono il primo passo verso il successo: un trapianto ben indicato porta soddisfazione, uno mal indicato può generare solo problemi.


I casi in cui il trapianto non è indicato

Età troppo giovane

Pazienti under 22–23 anni presentano spesso un’alopecia instabile e in rapida evoluzione.
Il rischio è che, dopo l’intervento, la perdita progredisca e il risultato diventi disomogeneo o richieda ulteriori trapianti.

🔗 Vedi anche: Trapianto nei giovani: quando aspettare e quando intervenire.

Soluzione: terapia medica (finasteride, minoxidil) e follow-up fino a stabilizzazione del quadro.


Zona donatrice insufficiente

Se la densità è inferiore a 40–50 UF/cm², un prelievo massivo rischia di lasciare trasparenze nella donor area, compromettendo l’estetica.

Soluzione: limitare l’intervento a zone mirate o valutare soluzioni combinate come tricopigmentazione.


Patologie dermatologiche attive

Alopecie cicatriziali (lichen planopilaris, alopecia fibrosante frontale, lupus discoide) o psoriasi attiva sono una controindicazione diretta.

Soluzione: trattare la malattia prima e valutare il trapianto solo a quadro clinico stabilizzato.
🔗 Approfondisci: Altre forme di alopecia: sono sempre operabili?.


Alopecia areata attiva

È una malattia autoimmune e imprevedibile: anche capelli appena trapiantati possono essere colpiti.

Soluzione: il trapianto è valutabile solo dopo 12–24 mesi di remissione clinica stabile e sotto supervisione dermatologica.


Disturbi psicologici o aspettative irrealistiche

Tricotillomania, ansia ossessiva o richieste estetiche impossibili sono campanelli d’allarme.
Un intervento in questi casi può peggiorare il disagio invece di risolverlo.

Soluzione: invio a percorso psicologico o psichiatrico, prima di ogni valutazione chirurgica.


Segnali clinici che richiedono cautela

  • Calvizie atipica o asimmetrica

  • Sintomi associati (prurito, dolore, croste, desquamazione)

  • Cute atrofica, fibrotica o poco vascolarizzata

  • Precedenti trapianti falliti

  • Scarsa predisposizione a seguire le regole post-operatorie.

Questi elementi richiedono indagini aggiuntive come     tricoscopia o biopsia cutanea.


Il valore di un “no” responsabile

Il chirurgo serio non opera a tutti i costi.
Saper dire “no, non è il momento” è parte integrante della professionalità medica.
Un intervento fatto senza indicazioni porta solo complicazioni estetiche, cliniche e psicologiche.

👉 Per un approfondimento leggi anche: Ogni trapianto è diverso: perché non esiste un risultato standard.


Alternative e percorsi propedeutici

Prima di pensare al trapianto, possono essere adottate strategie efficaci:

Il trapianto può essere rivalutato in futuro, solo dopo stabilizzazione clinica.


Conclusione

Il trapianto di capelli non è una soluzione universale.
Richiede diagnosi accurata, selezione responsabile e una visione di lungo termine.
Il vero obiettivo non è “operare tutti”, ma offrire a ciascun paziente la soluzione più sicura ed efficace per la sua condizione.


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