Il trapianto di capelli nel paziente afro richiede un approccio altamente specializzato, che parte dalla scelta degli strumenti fino alla tecnica chirurgica adottata. Ogni dettaglio conta: la particolare , con la sua curvatura a “C” o a spirale e la maggiore profondità del bulbo, impone al chirurgo la massima precisione e l’uso di dispositivi dedicati.
Strumenti specializzati
 Per l’estrazione vengono utilizzati punch microchirurgici di diametro leggermente superiore rispetto a quelli impiegati nei pazienti caucasici (0,9–1,0 mm). La punta è smussata, studiata per seguire la curvatura del follicolo ed evitare la sua recisione. L’operatore mantiene un controllo manuale estremamente raffinato, regolando angolazione e velocità con attenzione millimetrica.
Il materiale estratto passa poi attraverso un microscopio chirurgico ad alta definizione. L’ingrandimento 10–40x, unito a un’illuminazione LED fredda che non danneggia i tessuti, permette di analizzare l’integrità di ogni unità follicolare. Qui i follicoli vengono classificati e preparati in base alla loro destinazione: unità singole per la progettazione dell'hairline, doppie o triple per le aree posteriori.
Per l’impianto si utilizzano strumenti altrettanto sofisticati: implanter pen con angolazione variabile, aghi ultrasottili e sistemi di controllo della profondità che consentono di rispettare la direzione naturale dei capelli ricci e spiralati, riducendo al minimo il trauma tissutale.
Perché si predilige la FUE nel trapianto afro
Nell’universo delle tecniche disponibili, la FUE (Follicular Unit Extraction) rappresenta la scelta privilegiata per i capelli afro. Il motivo è semplice: questa tecnica consente al chirurgo di creare i canali d’impianto prima di inserire i follicoli, adattando con precisione la profondità, l’angolazione e la direzione di ciascun innesto.
Grazie a questo controllo totale, la FUE permette di:
-  seguire fedelmente la curvatura naturale del follicolo, 
-  rispettare la profondità variabile (fino a 6–7 mm) tipica del bulbo afro, 
-  ottenere una densità graduata e armonica, evitando innaturali “muri di capelli”, 
-  garantire una cicatrizzazione ottimale anche su cute pigmentata e più spessa. 
Al contrario, la DHI (Direct Hair Implantation), pur essendo efficace in molti altri contesti, mostra alcune limitazioni pratiche nel biotipo afro. L’implanter, infatti, è meno flessibile nel seguire curvature complesse, offre un controllo ridotto sulla profondità e limita la possibilità di modulare l’angolazione in modo personalizzato. Il risultato è un margine di manovra inferiore rispetto a quello richiesto dal capello afro, che necessita invece di estrema adattabilità.
Conclusione
 In sintesi, mentre la DHI può essere utile in casi molto selezionati o per piccoli ritocchi localizzati, la FUE resta il vero gold standard per il trapianto afro. È la tecnica che offre al chirurgo la libertà e la precisione necessarie per rispettare la biomeccanica unica del capello afro, assicurando risultati naturali, armonici e duraturi.


